Antibiotici ‘ribelli’ che aiutano i batteri, anziché combatterli


Chi non ha mai preso un antibiotico per curare una qualsiasi infezione batterica?

Ora, i ricercatori della University of North Carolina (UNC), a Chapel Hill, in collaborazione con l’Università di San Diego, La Jolla, sostengono che il nostro modo di vedere gli antibiotici come semplici macchine da guerra contro le infezioni deve essere rivisto.

La ricerca, condotta da Elizabeth Shank, assistente biologa al Chapel Hill College of Arts and Sciences della UNC, nonché microbiologa e immunologa della Hill School of Medicine presso la UNC-Chapel, assieme alla collega Rachel Bleich, ricercatrice della Facoltà di Farmacia presso la stessa Università, non solo schiude un nuovo scenario sul modo in cui vengono trattate le infezioni, ma potrebbe forse aiutarci a comprendere il motivo per cui i batteri producono antibiotici.

“Per molto tempo abbiamo ritenuto che i batteri producano antibiotici per gli stessi scopi per cui noi li consideriamo utili, cioè perché uccidono altri batteri patogeni”, afferma Shank nello studio pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences il 23 febbraio scorso. “Noi sappiamo anche che gli antibiotici possono a volte avere fastidiosi effetti collaterali, quali, ad esempio, stimolare la produzione di biofilm”.

Shank e il suo team vogliono dimostrare ora che questa produzione abnorme di biofilm non si tratta, in realtà, di un effetto collaterale vero e proprio. A detta dei ricercatori, sembrerebbe più opportuno ritenere che i batteri si evolvano non tanto per le aumentare le loro capacità di killer di altri batteri, quanto per produrre antibiotici che li aiutino nella produzione di biofilm.
Lo scopo principale di questa reazione, in sostanza, sarebbe la produzione di biofilm, non l’aumento della loro capacità di uccidere.

Ma cosa sono questi biofilm?

I biofilm sono comunità di batteri che si formano su una superficie e si trovano ovunque, non sempre come presenze negative. Talvolta possono essere utili, come quando proteggono le radici delle piante da germi patogeni.

La placca dentaria, ad esempio, è un biofilm che, più che dannoso, è fastidioso e antiestetico.

I biofilm possono diventare, tuttavia, dannosi, quando si depositano su strumenti medici o sui tubi di alimentazione dei pazienti, per il pericolo che possano provocare l’insorgenza di malattie.

“Non deve sorprendere che i batteri producano biofilm in risposta agli antibiotici, perchè questo li aiuta a sopravvivere ad un attacco”, continua la ricercatrice. “Si è sempre pensato che questa produzione fosse una risposta allo stress generale, una sorta di effetto collaterale degli antibiotici. Ebbene, i nostri risultati dicono che questo non è vero. Abbiamo scoperto che un antibiotico attiva in modo specifico la formazione di biofilm in un modo che non ha niente a che fare con la sua capacità di uccidere”.

Gli studiosi hanno osservato che il batterio del terreno Bacillus cereus potrebbe stimolare il Bacillus subtilis – batterio presente nel suolo e nel tratto intestinale degli esseri umani – a formare biofilm in risposta ad un segnale sconosciuto.

Utilizzando l’imaging con la spettrometria di massa, i ricercatori hanno poi individuato il composto ‘sconosciuto’ che aveva indotto la produzione di biofilm. Si trattava di tiocillina, un antibiotico della classe degli antibiotici peptidici che sono prodotti da una vasta gamma di batteri.

Shank e i suoi colleghi hanno così documentato che la tiocillina ha due funzioni diverse e molto specifiche, pur non sapendo perché. Hanno allora voluto studiare la sua azione ma, anche modificandone la struttura in maniera da eliminare la sua attività antibiotica, non sono riusciti comunque ad arrestare la produzione del biofilm.

“Questo risultato suggerisce che gli antibiotici siano in grado, indipendentemente e contemporaneamente, di indurre la formazione potenzialmente pericolosa di biofilm”, conclude Shank. “Questo ha generato ulteriori discussioni sull’evoluzione dell’attività antibiotica e sul fatto che alcuni antibiotici, di norma utilizzati a scopo terapeutico, possano indurre la formazione di biofilm in una maniera alquanto pregiudizievole, con vaste implicazioni per la salute”.

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