Perchè Plutone NON è un pianeta


Nelle ultime settimane, sull’onda dell’entusiasmo per le immagini di New Horizons, un pò tutti sembrano avere riabilitato Plutone come “nono pianeta” del sistema solare… non è così nè può esserlo, vediamo perchè.

 

diagramma massa-distanza dei corpi nel sistema solare, solo quelli nella zona azzurra sono in grado di svuotare la regione circostante tramite la loro gravità.

 

 Una premessa appare doverosa, per spazzare via le inevitabili polemiche: Plutone è in sè un oggetto sicuramente affascinante e unico che, nel passato, è stato sinonimo di mondo remoto e misterioso nell’immaginario collettivo; negli ultimi giorni, poi, si è rivelato un corpo variegato e meritorio di studi approfonditi. Tutto questo non può assolutamente essere negato nè sminuito da una definizione, dall’apporre l’aggettivo “nano” dopo il termine pianeta.
 Detto questo, vediamo allora cosa si intende per pianeta nano e perchè è questa distinzione rispetto ai pianeti non è un vezzo ma è davvero utile (e ragionevole!).
 Quando Plutone fu scoperto da C.W Tombaugh nel 1930, non appariva lontano dalla posizione prevista dall’astronomo americano Percival Lowell 15 anni prima. Quest’ultimo aveva studiato alcune anomalie nelle posizioni osservate di Urano e Nettuno rispetto alle previsioni e, in analogia con quanto fatto da Le Verrier e Adams 60 anni prima (che postularono l’esistenza di Nettuno), aveva dedotto la presenza di un fantomatico pianeta X ancora più esterno, responsabile di quelle perturbazioni. Per onorare lo studioso che ne preconizzò l’esistenza, il nome di Plutone fu scelto anche perchè contiene le sue iniziali (PL); persino l’elemento chimico Plutonio fu così battezzato per celebrare questa scoperta tutta americana.
 Da allora, però, una serie di eventi hanno ridimensionato progressivamente il ruolo di questo corpo celeste.
 Tanto per cominciare, oggi sappiamo che la scoperta di Plutone vicino alla posizione prevista era stata frutto del caso: in realtà, la massa di Plutone è troppo piccola per perturbare sensibilmente l’orbita dei pianeti giganti e le discrepanze studiate da Lowell erano dovute a stime erronee della massa di Nettuno; in effetti, quando queste stime vennero corrette dello 0.5% nel 1992 grazie ai dati di un’altra sonda americana (Voyager-2), le orbite calcolate con la nuova massa non mostravano più alcuna anomalia.
 Come se non bastasse, nel corso del ventesimo secolo le stime sulle dimensioni e sulla massa di Plutone si sono progressivamente ridotte, tanto che qualcuno ha ironicamente parlato di un curioso “fenomeno di restringimento” del pianeta: Lowell aveva previsto una massa di 7 masse terrestri per il suo pianeta X mentre, appena scoperto, si capì che al massimo Plutone doveva avere una massa comparabile a quella terrestre. Ulteriori stime, nel 1948, lo portarono a una massa comparabile a quella di Marte e trent’anni dopo, con la scoperta di Caronte, si è giunti a fare una stima più realistica, abbassando la massa un altro ordine di grandezza! Oggi sappiamo che Plutone ha una massa pari solo allo 0.22% di quella terrestre, quasi 6 volte più piccola della Luna, mentre il diametro è 2/3 di quello lunare; i valori iniziali sovrastimati erano basati sulla luminosità apparente, combinata con una stima bassa dell’albedo (o riflettività), che invece oggi sappiamo essere una delle più alte del sistema solare, evidentemente grazie ai ghiacci in superficie
 Ma il vero colpo di grazia al prestigio di Plutone arrivò negli anni novanta con la scoperta di una miriade di altri oggetti che possiedono un’orbita simile e dimensioni confrontabili. Si tratta dei cosiddetti “oggetti trans-nettuniani” che fanno parte della fascia di Kuiper. A partire da quando fu scoperto il primo (1992 QB1) il numero di oggetti noti è salito oltre il migliaio e si stima che ce ne siano almeno altri 100mila da scoprire, con diametro superiore ai 100 km!

 Anche se, in base alle ultime misure di New Horizons, Plutone mantiene il primato di oggetto più grande nella fascia di Kuiper (battendo di stretta misura Eris), è probabile che questa situazione cambi nei prossimi anni, grazie all’affinamento delle misure e alla scoperta di nuovi oggetti.
 Dunque la zona in cui abita Plutone è tutt’altro che vuota e questa situazione non è nuova nella storia dell’astronomia: nell’ottocento era accaduta esattamente la stessa cosa quando Giuseppe Piazzi scoprì Cerere, all’inizio ritenuto un pianeta vero e proprio, poi decaduto a semplice pianetino/asteroide a causa della scoperta di innumerevoli altri oggetti nella regione tra Marte e Giove.
 Era dunque necessario fare una simile operazione di chiarimento e riclassificazione anche per la fascia di Kuiper e così arriviamo alla “famigerata” risoluzione B5 dell’ Unione Astronomica Internazionale, votata a Praga nell’agosto 2006. Viene stabilito che:

1 Un “pianeta” è un corpo celeste che: (a) è in orbita attorno al Sole, (b) ha una massa sufficiente perché la sua gravità superi le forze di corpo rigido in modo da assumere una forma dettata dall’equilibrio idrostatico (all’incirca rotonda), e (c) ha svuotato la regione attorno alla sua orbita.
2 Un “pianeta nano” è un corpo celeste che: (a) è in orbita attorno al Sole, (b) ha una massa sufficiente affinché la sua forma sia quella dettata dall’equilibrio idrostatico (all’incirca sferica), (c) non ha svuotato la regione attorno alla sua orbita, e (d) non è un satellite.
3 Tutti gli altri oggetti, eccetto i satelliti, in orbita attorno al Sole saranno chiamati collettivamente “Corpi Minori” del Sistema Solare.

 
La condizione (b) sulla sfericità dipende ovviamente dalla composizione e dalla densità ma è generalmente soddisfatta da corpi di diametro intorno a 800 km o più. Chiaramente, sia Plutone che Cerere soddisfano questa condizione e infatti hanno una forma abbastanza sferica, però entrambi non soddisfano la condizione (c) e ricadono quindi tra i pianeti nani. Per svuotare la regione circostante, un oggetto deve essero così massiccio da attrarre gli altri oggetti accrescendosi (ed è quello che è successo durante la formazione dei pianeti) oppure, attraverso incontri ravvicinati ripetuti, perturbarli inviandoli su orbite lontane. Questo processo somiglia a un fenomeno di diffusione ed è governato da leggi analoghe a quelle che descrivono la propagazione di una sostanza chimica, del calore o di una corrente elettrica. In particolare, come descritto in un “pre-print” appena sottomesso da Jean-Luc Margot, della
University of California, è sufficiente imporre che, su una scala di tempo paragonabile all’età del sistema planetario (alcuni miliardi di anni), gli altri corpi vengano diffusi a una distanza che sia più grande della cosiddetta sfera di Hill di influenza gravitazionale da parte del corpo principale (questa sfera dipende anche dalla distanza dal Sole e ha un raggio di 1.5 milioni di km per la Terra e circa 5 milioni di km per Plutone). In pratica, si deve imporre che la regione di svuotamento sia da 3.5 a 10 volte il raggio della sfera di Hill e allora si ottengono i valori di massa necessari per “svuotare” la propria zona orbitale. L’immagine in apertura, tratta appunto dall’articolo, è eloquente: tutti gli 8 pianeti del sistema solare sono almeno 1 ordine di grandezza sopra la linea che definisce lo svuotamento in un tempo pari all’età del sistema solare (4.5 miliardi di anni) ed entro una distanza di 10 raggi di Hill; nel caso della Terra, ad esempio, la massa è circa 100 volte sopra questa soglia e questo significa che il nostro pianeta è stato in grado di ripulire la sua orbita nel giro di soli 11 milioni di anni. Per Plutone, Cerere e gli altri pianeti nani la situazione è ben diversa, con una massa che non è neanche l’1% di quella minima richiesta. Dunque la definizione di pianeta nano data da IAU è molto sensata e, anzi, può essere migliorata e resa quantitativa da questo criterio; l’autore suggerisce di specificare, nella risoluzione, anche il tempo in cui deve avvenire il “ripulimento” dell’orbita, eventualmente il tempo di vita della stella o una sua frazione significativa. Il criterio viene applicato anche ai pianeti extrasolari noti e dimostra che il 99% vengono immediatamente classificati come pianeti e non pianeta nano.
 Per concludere, le definizioni sono legate al linguaggio e sono convenzioni spesso necessarie; a volte possono sembrare “arbitrarie” e discutibili ma quella di cui stiamo parlando è una definizione nè arbitraria nè insensata (come qualcuno vorrebbe far credere per confondere le acque!); essa è necessaria e dettata semplicemente dal buon senso!
 

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