L’AUTORITRATTO DI LEONARDO NELLE MANI DELLA FISICA QUANTISTICA


Un’analisi della luce riflessa e calcoli di meccanica quantistica hanno identificato le sostanze chimiche responsabili dell’ingiallimento dell’autoritratto di Leonardo da Vinci, disegnato nel 1515, e attualmente in cattivo stato di conservazione. Ripetendo le misurazioni tra qualche anno si potrà sapere se il degrado sta continuando e se le attuali misure di conservazione sono efficaci. Il nuovo metodo diagnostico non invasivo, messo a punto da ricercatori italiani, potrebbe avere un notevole impatto sul restauro del patrimonio di libri antichi del nostro paese, uno dei più importanti del mondo.

L’immagine iconica di Leonardo da Vinci si deve a un autoritratto che il genio tratteggiò, probabilmente intorno al 1515, su un foglio di carta con l’antica tecnica della sanguigna, cioè utilizzando bastoncini di ematite, un materiale ferroso che dà ai disegni il caratteristico colore rossastro. Conservato alla Biblioteca Reale di Torino, il ritratto è attualmente in cattive condizioni di conservazione, ma una sofisticata analisi fisica ha ora determinato il tasso con cui procede il degrado della carta. Il risultato, descritto in un articolo sulla rivista “Applied Physics Letters”, è stato ottenuto da ricercatori dell’Università Tor Vergata di Roma, in collaborazione con l’Istituto di struttura della materia del CNR di Roma, l’Istituto centrale per il restauro e la conservazione del patrimonio archivistico e librario, e l’Università di Cracovia, in Polonia.

A determinare le cattive condizioni del dipinto è l’ingiallimento, tipico degli antichi documenti e delle opere d’arte, che riduce il contrasto tra i colori della sanguigna e la carta, rendendo il tratto sempre più flebile. Gli autori dello studio hanno sviluppato un approccio non distruttivo per identificare e quantificare la concentrazione dei cromofori, le molecole che assorbono la luce, che sono le responsabili del processo d’ingiallimento.

“La ricerca nata è nata dall’incontro del nostro gruppo di fisica teorica dell’Università di Roma Tor Vergata con il gruppo sperimentale del CNR coordinato da Mauro Missori che già collaborava con un gruppo di chimici di Cracovia”, ha spiegato a “Le Scienze” Adriano Mosca Conte, primo autore dell’articolo. “In passato avevamo già condotto analisi di riflettanza, quindi con un metodo non invasivo, su campioni di carta antica: il nostro ruolo era di confrontare, attraverso calcoli di meccanica quantistica, gli spettri sperimentali con gli spettri teorici, riuscendo così a ricavare informazioni sui cromofori presenti nella carta”.

Quello studio, descritto in un articolo pubblicato sulle “Physical Review Letters”, ha riscosso molto successo, soprattutto tra restauratori e conservatori di reperti antichi proprio perché permette di effettuare studi diagnostici molto efficaci con un metodo non invasivo. Dal successo di questo studio è venuta poi l’idea di applicare lo stesso metodo all’autoritratto di Leonardo per caratterizzarne il processo di degradazione, causato, nel corso dei secoli, da luce, umidità e temperatura.

“Bisogna considerare che la carta antica ha un alto contenuto di cellulosa, perché era fatta con gli stracci, a differenza di quella moderna che è fatta soprattutto da lignina, perché è ricavata dal legno: l’invecchiamento fa sì che ci siano due fenomeni, uno chiamato tecnicamente embrittlement, cioè lo sfaldamento della fibra di cellulosa dovuto principalmente all’idrolisi, e l’ossidazione, che causa l’ingiallimento della carta, dovuto all’ossidazione di diversi gruppi chimici, quali chetoni, aldeidi e ossidrili, che assorbono principalmente nelle zone del blu-violetto: il colore che viene riflesso dalla carta non ha questa componente e quindi risulta di colore complementare, e cioè rossiccio-giallo”.

Secondo i risultati dell’analisi, il tipo di cromofori presenti nell’autoritratto di Leonardo è simile a quello trovato nei campioni di carta antichi e moderni invecchiati in condizioni di estrema umidità o di un ambiente chiuso, in buon accordo con le notizie disponibili sulla storia del documento. 

L’importanza del risultato è legata soprattutto alla determinazione della quantità di cromofori: ripetendo questa misura nel futuro, si potranno ricavare indicazioni sul fatto che il documento sia o meno conservato in modo corretto. Ma quale potrebbe essere l’impatto del risultato sulla conservazione del patrimonio librario italiano, uno dei più importanti del mondo? Mosca Conte e colleghi si stanno già muovendo con nuovi progetti che abbiano anche una ricaduta pratica.

“Insieme con altri partner, abbiamo sottoposto alla valutazione dell’Unione Europea una proposta per mettere a punto metodi non invasi di restauro e conservazione di libri antichi”, ha concluso Mosca Conte. “Nell’ambito di questi progetti chiaramente noi ci occuperemmo della parte diagnostica”. 

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