Come la neve di ferro potrebbe svelare i segreti della vita su Europa


Schema concettuale della proposta di modello AMD-analogico della neve di ferro.

Da quando è stata scoperta la presenza di oceani ghiacciati all’interno del nostro sistema solare, come su Europa ed Encelado, gli scienziati sono stati affascinati dalla possibilità che sotto le loro superfici ghiacciate si nascondesse la vita.

La domanda se questi oceani sotterranei ospitino le condizioni necessarie per la vita ha incuriosito gli astrobiologi per decenni, e ora una ricerca innovativa guidata dalla dottoressa Nita Sahai, docente e borsista di ricerca dell’Ohio presso la Scuola di Ingegneria e Scienze dei Polimeri dell’Università di Akron, offre intuizioni interessanti su questo enigma.

In uno studio pubblicato nei Proceedings of the National Academy of Sciences, la dott.ssa Sahai e i suoi collaboratori, il dott. John Senko, professore di geomicrobiologia presso l’UA, e il dott. Doug LaRowe, professore associato di scienze della Terra presso la University of Southern California, approfondiscono la bioenergetica dell’oceano di Europa nell’articolo intitolato “Bioenergetics of Iron Snow Fueling Life on Europa”.

Attraverso sofisticati modelli di simulazione, il team esplora il potenziale di varie forme di metabolismo batterico per prosperare nell’oceano di europa, tra cui la riduzione del ferro, la riduzione dei solfati e la metanogenesi.

Ciò che distingue questa ricerca è l’innovativo modello di “neve di ferro” proposto dalla dott.ssa Sahai e dal suo team. Facendo un parallelo con i sistemi di drenaggio delle miniere acide sulla Terra, questo nuovo meccanismo offre una spiegazione plausibile per la maggiore produttività primaria batterica osservata nell’oceano di Europa.

Eliminando la necessità di trasportare specie di ossigeno (ROS) altamente reattive dalla superficie al fondo dell’oceano, il modello della neve di ferro non solo aumenta la probabilità di rilevare la vita, ma attenua anche gli effetti dannosi dei ROS sulle molecole biologiche.

Le implicazioni di questa ricerca sono profonde. Non solo fa luce sulla potenziale abitabilità dell’oceano di Europa, ma amplia anche la nostra comprensione delle condizioni necessarie alla vita per prosperare in ambienti estremi.

La maggiore diversità dei metabolismi microbici identificati dalla dott.ssa Sahai e dal suo team suggerisce una ricchezza di potenziali molecole biosegnaletiche che potrebbero essere individuate, portandoci un passo più vicini a svelare il mistero della vita oltre la Terra.

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